Once we were trees
Proprio stamani ho trovato, per caso, un vecchio catalogo di Ruggero Savinio e la prima riproduzione che ho visto, aprendolo, è stata quella di Pini, un olio su tavola di due metri per uno, che mi ha commosso e spinto immediatamente all’acquisto del libro. Stasera mi chiama Carlo Valentini e mi ordina, perentoriamente, di scrivere sulle sue immagini di alberi, specificando e pregandomi di riportare la sua dichiarazione: “Ho cominciato a fotografare alberi per il disgusto che mi suscita il genere umano indistinto”. Saranno anche coincidenze… Tra l’altro, cosa che non credo lui sappia, è la mia passione per l’arborea figurazione artistica che costituisce il nucleo della mia piccola collezione.
Sono quindi andato a vedere il suo lavoro trovando conferma alle mie impressioni. Che cioè le sue foto non sono semplici immagini di piante ma il tentativo di dialogare con queste creature vegetali, di carpirne il silente linguaggio, di interrogarne i centenari segreti. Senza trucchi e senza inganni.
Al cospetto di quella creatura simbolica quanto aliena che è l’albero, la cui caparbia passività nel cercare la luce è quasi metafora dell’atto stesso del fotografare, lo ha condotto su sentieri diversi. Innanzitutto ad un bagno di umiltà, da humus che è il terreno nel quale affondano le radici che nutrono i suoi soggetti; qui non si tratta di cogliere l’attimo fuggente di un’espressione o di un avvenimento: un pino o un cipresso non si muovono, neanche con il vento. La loro posa è immobile, apparentemente. Difficile è coglierne lo stormire delle foglie, il lacrimare delle resine, l’odore che gli regala la pioggia. Lo si può fare solo frequentandoli a lungo, nelle diverse stagioni, negli stessi luoghi, stabilendo con loro un contatto che magari non arriverà all’amicizia, ma almeno alla reciproca consuetudine.
È proprio tutto questo a trasformare le immagini di Karlo in altro, vicine a certi acquerelli o stampe: di Morandi o più ancora di Gérard de Palézieux.
Citerò ancora una volta il mio prediletto Enrico Filippini: «Sì, abbiamo visto, abbiamo toccato, abbiamo annusato, abbiamo respirato, abbiamo visto molti alberi, abbiamo cercato gli alberi, o forse negli alberi abbiamo cercato un segreto che gli alberi non possono tradire. Possono regalarti soltanto il colore delle foglie».
Per fortuna Valentini non si è fermato a tale dono e le sue foto ci restituiscono, con pudore ed emozione, più di una confidenza del mondo delle piante. Insinuando il sospetto che forse un tempo eravamo alberi. O lo saremo di nuovo.
Fabio Norcini